In questi giorni alla Camera è all’esame una proposta di legge sull’equo compenso. Genericamente potremmo definirlo come il ritorno al tariffario minimo.
Il cosiddetto decreto Bersani legge n. 248 del 2006, di conversione del decreto-legge n. 223 del 2006, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà dei minimi tariffari.
Il dibattito alla Camera oggi è tornato di attualità perché tutti i liberi professionisti, oltretutto obbligati alla formazione continua, fanno fatica far valorizzare in modo economico e proporzionale la qualità e alla quantità della propria prestazione.
In mancanza di un tariffario minimo questi professionisti, anche quando sono operativi nell’ambito di prestazioni svolte per la pubblica amministrazione, si trovano costretti a trattative estenuanti e a ribasso, senza un oggettivo equilibrio che bilanci la forza contrattuale tra la domanda e l’offerta. Un argomento che è tornato quindi di attualità in ambito politico e che coinvolge una vasta platea di professionisti, sia iscritti all’ordine che non, ma si prevede una lunga maratona che possa affrontare tutte le criticità nel mettere mano a questa legittimazione del compenso professionale.
Si viene a definire anche un doppio vincolo, cioè quello del professionista che nel momento in cui esistesse un tariffario minimo non potrebbe accettare un compenso diverso, rischiando la fattispecie di un lavoro in nero. Anche il ruolo degli Ordini o dei Sindacati rappresentativi di questi professionisti è un tema in discussione, perché gli uni e gli altri hanno competenze e funzioni diverse politicamente a tutela sia dei cittadini, che dei propri scritti.
Ci auguriamo che questo dibattito politico possa assicurare non solo ai professionisti ma soprattutto ad ogni attore, dal cittadino, al singolo professionista e alla pubblica amministrazione, quei parametri di trasparenza e di valorizzazione delle libere professioni.
Comunque è evidente che, sotto il profilo prioritario, questa tematica riguardi più quei professionisti che hanno rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, perché chi invece gestisce imprenditorialmente la propria attività professionale, dovrà comunque sempre di base calcolare quello che ormai da 27 anni sostengo, cioè i parametri di redditività personalizzati, in particolare conoscere il costo delle proprie prestazioni per poter coerentemente aggregare un margine di profitto, un rischio di impresa e quindi un adeguato valore aggiunto anche in termini di qualità percepita, per arrivare così al prezzo proponibile e sostenibile sul mercato, in funzione del posizionamento raggiunto e del valore di questi parametri di gestione dei protocolli economici e clinici.