Per sostenere il rafforzamento sull’intero territorio nazionale delle società benefit, l’art.19 bis della legge di conversione del decreto Sostegni bis ha previsto la proroga del credito di imposta per le società benefit al 31 dicembre 2021 e l’ampliamento dei costi agevolati.

È stata prevista una ulteriore proroga al 31 dicembre 2021, un anno in più rispetto alla scadenza originaria, e l’ampliamento dei costi ammessi che ricomprendono anche i costi di consulenza, notarili e i costi per l’iscrizione al registro delle imprese.

Scopo della norma è incentivare la costituzione di questo tipo di società con la decurtazione delle spese del 50% mediante il riconoscimento di un credito di imposta da utilizzare in compensazione, con il limite di 10.000 euro per contribuente.

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Il bonus fiscale pari al 50% dei costi sostenuti per la costituzione/trasformazione va utilizzato tramite modello F24. La misura agevolativa è soggetta alle condizioni e ai limiti fissati dai regolamenti unionali in materia di aiuti de minimis.

Cosa sono le società benefit

Sono definite benefit le imprese che svolgono un’attività economica non solo a scopo di lucro, per generare profitto, ma anche con l’obiettivo di creare un impatto positivo sulla società e sulla biosfera. Questa caratteristica peculiare deve essere evidenziata nello statuto e nell’oggetto sociale.

Nel nostro ordinamento giuridico, le società benefit sono state introdotte dalla legge di stabilità 2016. In sintesi, questa la disciplina contenuta nei commi 376-384, articolo 1 della legge n. 208/2015:

  • sono definite società benefit quelle che, nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune (ossia uno o più effetti positivi ovvero la riduzione degli effetti negativi) e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse che sono comunque coinvolti dall’attività dell’impresa, ad esempio lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione, società civile (comma 376)
  • le finalità di beneficio comune vanno specificatamente riportate nell’oggetto sociale e perseguite bilanciandole con l’interesse dei soci e di coloro sui quali l’attività sociale possa avere impatto (comma 377)
  • le società già costituite, se intendono perseguire anche finalità di beneficio comune, devono modificare l’atto costitutivo o lo statuto. Chi esprime la finalità di beneficio comune può introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole “società benefit” o l’abbreviazione “SB”, facendone uso nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi (comma 379)
  • la società benefit deve individuare il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti per una gestione che garantisca il bilanciamento dell’interesse dei soci, quello di qualsiasi altro soggetto su cui può impattare l’attività e il perseguimento delle finalità di beneficio comune. In caso di inadempimento, si applicano le norme del codice civile in tema di responsabilità degli amministratori (commi 380 e 381)
  • per garantire la trasparenza dell’operato, la società benefit deve redigere annualmente, allegare al bilancio societario e pubblicare sul proprio sito internet una relazione sul perseguimento del beneficio comune. Nel documento vanno indicati: gli obiettivi specifici e le modalità e azioni messe in atto dagli amministratori per il suo raggiungimento, nonché le eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato; la valutazione, tramite uno standard esterno, dell’impatto generato; gli obiettivi che si vogliono perseguire nell’esercizio successivo (commi 382 e 383)
  • all’Autorità garante della concorrenza e del mercato è affidato il compito di vigilare sull’operato delle società benefit. Nei confronti di quelle che non perseguono le finalità di beneficio comune sono applicabili le disposizioni in materia di pubblicità ingannevole – Dlgs 145/2007 – e quelle del codice del consumo – Dlgs 206/2005 – (comma 384).

Nel rispetto della relativa disciplina, possono essere “società benefit”:

  • le società di persone;
  • le società di capitali;
  • le società cooperative.

Le società Benefit, quindi, non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dai Titoli V e VI del Libro V del codice civile.

Valgono le regole sugli aiuti de minimis

Il credito d’imposta per favorire l’incremento delle società benefit è riconosciuto nel rispetto delle condizioni e dei limiti delle norme europee in materia di aiuti di stato di minore dimensione (de minimis). Si tratta, in particolare, dei regolamenti della Commissione:

  • n. 1407/2013, secondo il quale l’importo complessivo degli aiuti concessi da uno Stato membro a un’impresa non può superare 200mila euro nell’arco di tre esercizi finanziari, ridotti a 100mila per chi opera nel settore del trasporto di merci su strada per conto terzi
  • n. 1408/2013, che fissa a 15mila euro il massimale degli aiuti concedibili in un triennio alle imprese del settore agricolo
  • n.717/2014, che stabilisce in 30mila euro l’importo massimo attribuibile in tre esercizi finanziari nel settore della pesca e dell’acquacoltura

Per approfondimenti scrivere a redazionesuso@arianto.it

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