C’eravamo sentiti ieri sera……” Con questa frase accorata Pietro di Michele mi ha messo al corrente della morte improvvisa di Franco nel sonno, la notte di mercoledì 27, qualche ora dopo essersi parlati.
Così accorata, quella frase, eppur così permeata di incredulità, da far ritenere anche a me impossibile una fine così repentina. Come poteva una vita piena, viva, lucida, come quella di Franco, essersi dissolta così all’ improvviso per un colpo di mano di un destino cinico e baro?
Sopraffatto anch’io dall’incredulità di chi non vuole, non può, accettare una notizia così, ho avuto modo di riflettere dolorosamente su quel “C’eravamo sentiti ieri sera…”.
Perché ad un uomo e professionista esemplare, come Franco, io ero molto legato. Avevo condiviso con lui con Pietro, Damaso e Raoul, la fatica di dar vita alla Cittadella, la Storia dell’Ortodonzia. In realtà era stata una faticaccia, data la proverbiale puntigliosità di Franco (e Gabriela, sua moglie) specie nell’edizione inglese, la più impegnativa, perché avrebbe illustrato “urbi et orbi” vita (morte, no!) e miracoli di una delle prime Ortognatodonzie al mondo.
Una faticaccia tuttavia gioiosa perché Franco vi aveva profuso tutte le sue qualità di Maestro. E perché è bello, anche se duro, lavorare a fianco di chi ti può insegnare delle cose, visto che nella vita gli esami non finiscono mai. Accomunandoci nella fatica, quell’impresa aveva steso tra noi due un amichevole fil rouge: era una festa reincontrarsi ogni volta ad un congresso o parlarsi ogni tanto al telefono.
Prima che Franco se ne andasse, anche noi due “c’eravamo sentiti da poco”’… . Fu quando gli chiesi di entrare a far parte, lui prestigioso osservatore dell’Ortodonzia oltreconfine, della Redazione Esteri del nuovo SUSONews.
A dire il vero, Franco si era schermito, come faceva sempre: “Ma lo sai quanti anni ho?” Ed io, con noncuranza: “E allora? Ce ne fossero collaboratori giovani e in gamba come te!” A questo punto lui allora cedette.
E’ opinione diffusa ed ampiamente condivisa, che la morte, sempre in agguato, sia una (forse l’unica) delle poche certezze di questa vita. Ma dinanzi ad una sparizione così repentina (così “ingiusta”, ecco!) non c’è ragionamento, nessuna logica che tenga.
Ti rimane solo il dolore ed una infondata, rabbiosa incredulità. Non è, quindi, la logica, a dettarmi queste righe, perché non farebbe altro che confermare quel che sappiamo già: che noi in realtà si comincia a morire sin dal momento in cui veniamo al mondo. Quindi, perchè sorprendersi.
Ma se la logica non mi sovviene, allora non rimangono che le lacrime: non quelle liquide, di cui mi vergogno un po’, bensì quelle che ti sgorgano dal “di dentro”. Più cattive e più calde di quelle fisiche e per niente affatto consolatrici come lo sono talvolta quelle dagli occhi. Non esiste consolazione per le lacrime che sgorgano dallo spirito. Ma solo dolore ed una ostinata, rabbiosa, incredulità.
Massimo Boccaletti